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Pomodori dal marocco, la Coldiretti lancia l'allarme

“Solo a dicembre 2015 il Marocco ha esportato 39,521 milioni di chili di pomodoro verso l'UE. Oltre agli evidenti danni arrecati al mercato pugliese, è alto il rischio per la salute umana, dato che secondo studi del COAG (organizzazione spagnola) gli agricoltori del Marocco possono utilizzare almeno 56 prodotti fitosanitari vietati nell'Unione Europea per controllare i parassiti nelle colture di pomodoro.

Per le importazioni da Paesi Terzi, inoltre, l'Unione Europea stabilisce un limite massimo di residuo (LMR) ammissibile per particolari sostanze attive”. Lo denuncia in una nota Coldiretti Puglia. La sola provincia di Foggia - si ricorda nel comunicato -  è leader nel comparto con 3.500 produttori che coltivano mediamente una superficie di 26 mila ettari, per una produzione di 22 milioni di quintali ed una P.L.V. (Produzione Lorda Vendibile) di quasi 175.000.000 euro. Dati ragguardevoli se al resto d'Italia: il 40 percento del pomodoro italiano viene proprio dalla Capitanata. “Il Marocco può permettersi di vendere a bassi prezzi per i minori costi di produzione - denuncia il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele - per il basso costo della manodopera, ma anche per la difesa antiparassitaria che può contare su decine di principi attivi non più utilizzabili dai produttori comunitari, come era stato denunciato da Coldiretti già all'epoca della stipula dell'accordo”. "In Puglia arrivano anche carciofi e uva da tavola - denuncia il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti - due produzioni in cui la nostra regione risulta leader indiscussa, con tanto di riconoscimenti comunitari che lo attestano “IGp per il carciofo di Brindisi e per l'uva da tavola pugliese”. I prodotti esteri freschi e lavorati sbarcano in Puglia a prezzi bassissimi. Il Marocco spesso ha esportato pomodori verso l'UE al di sotto del prezzo minimo di 0,461 euro al chilo stabilito dall'accordo commerciale tra la UE e il paese nordafricano. Ovviamente spesso i prodotti importati vengono spacciati per “made in Italy” e venduti con ricarichi esorbitanti. Chi ci rimette sono i consumatori che acquistano prodotti di dubbia provenienza e qualità a “prezzi ingiusti” e i nostri produttori agricoli che non possono competere con questo sistema drogato”. (ansa.it)

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