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Arriva il boom dell’agricoltura biodinamica: costi dimezzati e campi più fertili

Costi di gestione, dai carburanti all’energia, fino ai concimi, dimezzati. Campi in grado di trattenere fino al 55% in più di acqua, anche in un anno di siccità come è stato il 2015.

Un fatturato in Italia di 445 milioni euro, solo per le 1.500 aziende agricole più grandi, a cui ne vanno sommate altre tremila mignon. Sono i numeri dell’agricoltura biodinamica, una tecnica messa a punto già negli anni Venti del secolo scorso per andare oltre il biologico. Nel Belpaese ha registrato un’impennata negli ultimi quindici anni, tanto da colmare i risultati raggiunti da tempo in Germania. L’Italia è il terzo Paese europeo per superficie coltivata con metodo biodinamico, che insiste sulla costruzione dell’humus, sulla fertilità dei suoli e sull’eliminazione della chimica a favore di insetti e batteri benefici. Milano si mangia la fetta più consistente della produzione nazionale, a livello di città come Berlino o Monaco, e il resto viaggia all’estero, verso i mercati di Giappone, Stati Uniti e Nord Europa.

I numeri sono ancora piccoli ma continuano a moltiplicarsi, tanto che nel 2015 la spesa di prodotti biologici in Italia è aumentata del 16%. «Negli ultimi quattro anni in Lombardia sono nate circa venti aziende agricole biodinamiche, per lo più condotte da giovani sotto i trent’anni. Con un ettaro di terreno a orticole, un giovane resiste», spiega Michele Baio, consigliere dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica e guida per i nuovi adepti. «Ogni anno solo in Lombardia formiamo 400 persone», chiosa. Tra Lombardia ed Emilia Romagna si produce anche il Grana padano biodinamico. È l’ultimo passaggio di una filiera del latte alternativa, che aggrega 21 aziende agricole, per la maggior parte zootecniche, nel consorzio «Natura e alimenta» tra Piemonte, Lombardia ed Emilia. «Ogni giorno facciamo 800 chilometri per raccogliere il latte dai produttori – spiega la responsabile marketing, Raffaella Mellano –. Lo consegniamo a trasformatori del biologico, cosicché c’è una vendita senza un declassamento al convenzionale».

La chiave di volta, tuttavia, sta anche nel prezzo con cui viene ritirato il latte, più alto dei 32-33 centesimi delle produzioni non-bio, che hanno messo in ginocchio gli agricoltori. In Lombardia, secondo Coldiretti, sono a rischio cinquemila stalle dove si munge il 40% del latte italiano e si dà lavoro a 15mila persone, tanto che Ettore Prandini, presidente dell’associazione regionale, ieri ha proposto di destinare i 70 milioni del fondo di solidarietà per il lattiero-caseario proprio agli allevatori piegati dalla crisi dei prezzi. «La nostra zootecnia – avverte Mellano – ha costi più alti, ma gli investimenti degli ultimi vent’anni ci hanno reso più competitivi». «Bisogna finanziare la ricerca sull’indotto del biodinamico su salute e turismo – incalza Giulia Maria Crespi, presidente onorario del Fai e, nel 1973, fondatrice di quelle Cascine Orsine a Bereguardo (Pavia), che sono diventate un modello per il biodinamico italiano –. È un sistema che dà occupazione: sui nostri 300 ettari lavorano 24 persone, con il convenzionale ne basterebbero due o tre. Il ministero dell’Agricoltura ha fatto un bando da 21 milioni di euro per le nuove tecnologie. Perché non ne stanzia anche per biodinamico? Anche questo è un nuovo metodo».

(ilgiorno.it)

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